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Clitocybe racemophila


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Inviato 30 dicembre 2008 - 00:08

SOCIETA’ VENEZIANA di MICOLOGIA
ERBARIO MICOLOGICO DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI VENEZIA


scheda n. 1055


Clitocybe racemophila F. Gasparini, Rivista di Micologia, 4: 291. 2006.


La prima apparizione di questa specie risale ai primi giorni di aprile del 2001, raccolta dal nostro socio Vittorio Granetto di Sarego, in prossimità della sua abitazione e più precisamente in località “Busa Giaretta”, sui Colli Berici Vicentini. La raccolta è stata sottoposta all’attenzione dei fratelli Nicolino e Delfino Ceretta di Lonigo e portata (diversi esemplari) al Gruppo di Vicenza dell’AMB, che l’ha collocata nell’erbario del Gruppo come “Clitocybe sp.”.
Successive comparse risalgono all’ottobre del 2001 e alla primavera del 2002.
Nessuna fruttificazione nella primavera del 2003, mentre nell’autunno dello stesso anno ne sono stati ritrovati pochi esemplari. Nessuna fruttificazione nel 2004. Nuova abbondante fruttificazione (oltre una ventina di esemplari) nell’autunno inoltrato del 2005 a una trentina di metri di distanza dalle precedenti stazioni, ma sempre sullo stesso tipo di substrato e successive raccolte il 24 ottobre, il 3 novembre, il 15 novembre e il 24 novembre. Nella primavera e nell’autunno 2006 nessuna fruttificazione.
Cappello largo 2-7 (9) cm, inizialmente convesso poi disteso, non umbonato, presto depresso, raramente con zona centrale ombelicata, margine non striato, leggermente involuto anche nell’adulto, irregolarmente ondulato, talvolta profondamente lobato; colore uniforme, bianco, biancastro sporco, fino a nocciola chiaro nell’adulto; cuticola liscia, lucida, asportabile per breve tratto, con sottostante carne bianca, non igrofano. Lamelle da subdecorrenti a decorrenti, mediamente fitte, leggermente arcuate, sovente prolungate sul gambo per breve tratto, crema chiare, poi caffellatte chiaro, con il filo imbrunente negli esemplari maturi. Gambo 3-5 x 0,3-0,7 (1) cm, negli esemplari giovani slanciato, ma decisamente corto negli esemplari adulti, da cilindrico a subclavato, con base feltrata bianca, abbondantemente agglomerante il substrato e con base bianca, feltrata e provvista di minuti cordoni miceliari bianchi, abbondantemente agglomeranti il substrato, pieno, poi cavo, subconcolore con il cappello o più chiaro, con fibrille longitudinali, negli esemplari maturi anche rugoloso alla base. Carne biancastra, soda, immutabile, inizialmente con un deciso odore sgradevole, fortemente acido, repellente, nauseante e soffocante, anche a distanza, ma al quale lentamente, anche oltre le 24 ore dalla raccolta, subentra un predominante odore gradevole di vaniglia. Sapore dolciastro, poi un po’ astringente-pungente. Sporata in massa: bianca pura.

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Caulocute



Spore 4-4,5 (-5) x 3-3,2 µm, largamente ellissoidali, lisce, apicolate, non amiloidi, acianofile, non metacromatiche. Basidi tetrasporici, clavati, granulosi, 16-21 x 5 µm, con sterigmi lunghi fino a 5 µm. Cheilocistidi e pleurocistidi assenti. Epicute composta da ife coricate, intrecciate, cilindrico-flessuose, fibulate. Caulocute composta da ife parallele, fibulate, con peli marginali flessuosi.
Habitat: crescita gregaria, frequentemente in gruppi di diversi esemplari (max. 5-6), tipicamente sul substrato generato dai residui, ormai interamente decomposti, di cumuli di raspi d’uva privati degli acini (residui della lavorazione vinicola artigianale). Due fruttificazioni annuali: primavera e autunno inoltrato.
Materiale studiato: Italia, Veneto, Sarego (VI), loc. Busa Giaretta, novembre 2005, leg. V. Granetto, F. Gasparini (holotypus MCVE 20116).

Discussione
Fin dalla prima comparsa di questa specie, avvenuta nei primi giorni del mese di aprile del 2001, la difficoltà di determinazione fu veramente notevole, tanto che in occasione del Comitato Scientifico Nazionale A.M.B., svoltosi a Cervia il 5-8 aprile del 2001, portammo con noi alcuni esemplari freschi con l’intento di chiedere chiarimenti ai nostri specialisti. Le indagini effettuate in quella occasione rimasero infruttuose.
Dopo numerose ricerche in letteratura, il nostro dirigente nazionale, G. Consiglio, mi segnalò che Clitocybe krizii-josephi Svrček (1975), così chiamata dal suo creatore in onore dell’autore del primo ritrovamento, a prima vista corrispondeva macroscopicamente alla specie fungina in esame. Ho dovuto attendere il ritrovamento di nuovi esemplari per intraprendere un ulteriore studio su materiale fresco e confrontarlo con C. krizii-josephi. Finalmente nel 2005 sono state effettuate diverse raccolte, differenziate nel tempo, sempre nello stesso habitat, in uno spiazzo erboso interamente ricoperto da vecchi residui (minimo di due anni) di cumuli di raspi d’uva (privati degli acini), ormai macerati e decomposti. Dopo avere approfondito lo studio su questi ultimi ritrovamenti, sono ricorso alla nostra Biblioteca Nazionale attingendo informazioni dalla numerosa letteratura disponibile sul Genere Clitocybe. A parte il materiale relativo a Clitocybe rivulosa (Pers.: Fr.) P. Kumm., molto simile alle mie raccolte e di cui parleremo più avanti, sono stati esaminati con attenzione l’articolo e la diagnosi originale di C. krizii-josephi. (Ritenendo fare cosa utile per i soci della nostra Associazione il poter reperire il testo integrale di questa specie fungina descritta nella rivista ceca e di difficile reperimento in lingua italiana, trascrivo letteralmente il testo integrale della diagnosi latina, mettendo in corsivo le differenze più salienti rispetto a racemophila). Le due specie vengono qui confrontate con C. racemophila.


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Alcune affermazioni presenti nel protologo di C. krizii-josephi (Svrček, 1975) mettono ancor più in risalto le differenze con la nostra specie, in particolare quelle riguardanti il cappello “sovente con piccolo umbone, margine non striato a tempo umido, cuticola con minute fibrille innate, glabra negli esemplari maturi”, le lamelle “fitte, decorrenti, spesso anche per lungo tratto, il gambo “con base priva di rizomorfe”.
Per quanto riguarda C. rivulosa, Lamoure (1983) ha affrontato il problema della sua reale identità e dopo aver affermato che le screpolature del cappello, presenti anche in altre Candicantes, sono provocate da brusche variazioni atmosferiche, è giunta alla conclusione che debba essere sinonimizzata con C. dealbata (Sow. : Fr.) P. Kumm.
C. rivulosa, così come descritta da Raithelhuber (1996), è sostanzialmente sovrapponibile, sotto il profilo microscopico, a C. racemophila. Comunque, come affermato da Consiglio (com. pers.) a proposito di Clitocybe rivulosa e dealbata: “quando due specie hanno la stessa microscopia non significa necessariamente che siano due funghi uguali. Al contrario, due specie uguali devono avere la stessa microscopia”, pensiamo che non sia sufficiente la somiglianza di alcuni caratteri macroscopici, quali il cappello bianco e il filo delle lamelle “black fuchsig-braunlich”, per considerarle sinonimi .
Le inequivocabili diversità macroscopiche di C. racemophila sono sicuramente rappresentate dall’odore che muta a distanza di tempo e dal tipico habitat descritto sopra. In C. rivulosa sono da tenere in considerazione anche le dimensioni (max. 2,5-4,5 cm), il portamento del cappello “a cupola” nel giovane e il colore bruno-ocraceo sotto la patina bianca, peraltro, molto detersile. Raithelhuber (1996) rileva, inoltre, che negli exsiccata il cappello assume colori fino all’arancione pallido e le lamelle assumono toni da bruno-arancione a bruno. Non vi è nessun accenno di arancione sia pure chiaro sul cappello di C. racemophila, tutt’al più un crema-nocciola chiaro. Anche le lamelle mantengono una colorazione più chiara. Diversi altri autori sostengono che la colorazione del cappello, nel fresco, in C. rivulosa, sotto la patina bianca, è di colore incarnato-alutaceo, o addirittura “rossastro-bruniccio” (Konrad & Maublanc, 1924-1930; Lamoure, 1983; Moser 1980).
Relativamente ad altre specie “bianche”, C. nivea Velen. (= hypotheja Bellù) ha lamelle gialle, poi anche più scure, ma differisce per le spore maggiori e per i basidi usualmente più lunghi di 30 µm. Si tratta di una specie dei boschi di conifere (più raramente è stata rinvenuta sotto latifoglie), del Subgen. Hygroclitocybe Bon. Per la crescita cespitosa il fungo oggetto di questo lavoro, apparterrebbe, secondo Raithelhuber, alla sezione Fasciculares, e si collocherebbe nei pressi di C. alborufescens Raith., la quale ha pure colorazioni bianche, crema o beige e lamelle color panna, poi più scure, ma il cappello, col tempo, tende ad arrossare, l’odore e il sapore sono trascurabili e le spore sono più grandi, 5-6,5 x 4-5 µm. Volendo ritenere superflua la sez. Fasciculares, C. racemophila trova collocazione nella sezione Candicantes (Quél.) Konrad & Maubl. e, precisamente, nella serie dei taxa microsporici, ossia con basidiospore non superanti i 6 µm di lunghezza e, anzi, difficilmente superanti i 5 µm. Fra queste vanno escluse C. tornata (Fr. : Fr.) Quél. e C. candicans (Pers. : Fr.) P. Kumm.[incl. [i]C. dryadicola [/i](Favre) Harmaja] per le lamelle bianche e la carne con odore e sapore insignificanti. Clitocybe aspropaxilloides Raithelh. (= C. cerussata ss. J.E. Lange) ha cappello quasi igrofano, con toni da grigiastri a brunastri, lamelle più chiare nonché odore e sapore diversi. C. gallinacea (Scop.) Gillet ha sapore sgradevole, amaro-rancido, ma le lamelle sono decisamente più chiare e le spore significativamente maggiori. Invece, C. aequabilis Raithelh. ha odore più sgradevole [Bon (1999: 63) si sbaglia quando parla di “odore “agréable” perché Raithelhuber (loc. cit.) descrive l’odore di aequabilis come terroso-alcalino, sgradevole] e lamelle più chiare, divenenti rossastro-aranciate negli exsiccata. C. alni-glutinosae Contu & Ruggero, che spesso ha lamelle gialle o più scure, cresce solo su fogliame di Alnus glutinosa, ha cappello sempre bianco, come le lamelle, carne con odore debole o comunque non particolare e sapore non sgradevole: spore e basidi, inoltre, hanno taglia maggiore.
Nelle monografie di Harmaja (1969) e di Clémençon (1984) non si trova nulla di simile.
Nella chiave su scala mondiale di Singer (1978), non c’è nulla di simile. C. salmonea Métrod nom. inval. ha odore di Lepista irina, colore del cappello più brunastro-roseo, lamelle non scure e spore maggiori.
Fra le specie americane descritte da Bigelow (1982), non si trova nulla di simile. C. subfellea Murr. ha sapore amaro, odore di anice, lamelle bianche nonché spore e basidi di taglia maggiore; inoltre, non ha fibbie nelle ife del basidioma.
La mia indagine si è soffermata, inoltre, anche su un’altra specie fungina, dietro suggerimento del dr. Th. W. Kuyper al quale mi sono rivolto per via informatica. Questa specie è inserita in un Genere diverso da Clitocybe anche se per molto tempo è stata inclusa in esso. Si tratta del Genere Ossicaulis Redh.& Ginns, e più specificamente di O. lignatilis (Pers. : Fr.) Redh. & Ginns. Le somiglianze macroscopiche e microscopiche di C. racemophila con questa specie sono importanti. Ossicaulis lignatilis è un fungo, però, indiscutibilmente lignicolo (Quercus, Fagus, Ulmus, Populus, Aesculus) e provoca una carie bruna sul legno ospite, cosa che non avviene con la nostra specie che è sicuramente terricola anche se cresce sull’humus prodotto dai residui degradati e marcescenti dei graspi d’uva. È pur vero che lo stesso Kuyper (1995) segnala una variante di O. lignatilis cresciuta su vecchia botte di vino, originariamente descritta come A. markii, poi ricondotta dallo stesso Kuyper a O. lignatilis, però mi sembra palese che una cosa è la crescita sulle assi di una botte e un’altra la fruttificazione sui residui da me descritti. Oltre questa sostanziale differenza di crescita, O. lignatilis possiede un odore e un sapore più o meno deciso di farina, caratteri organolettici assolutamente assenti in C. racemophila. Anche le dimensioni sporali risultano diverse, e per giunta O. lignatilis possiede cistidi.

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F. Gasparini, 05.05.2007


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